Libriamoci :)

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    Ho appena finito di leggere l'ultimo libro del mio prof preferito: La vita che si ama - Storie di felicità e ancora una volta mi sono lascata incantare da una capacità narrativa che fa parte, evidentemente, del suo dna :)
    E' un piccolo libro, in fondo, fatto di racconti autobiografici, di momenti fermati sulla pagina anche se per Vecchioni il concetto di tempo è inafferrabile di per sé: esiste solo un tempo verticale nel quale non ci sono né passato né futuro ma solo l'oggi, perché noi cambiamo continuamente e tutto cambia attorno a noi.
    Ed è un grande libro perché racchiude il senso stesso del vivere e, soprattutto, un amore sconfinato per la vita e per le persone che hanno condiviso con lui il cammino.
    Lascio una bella (e lungaaaa! :D ) recensione di Matteo Speroni, tratta dal Corriere...



    Così semplice, così inafferrabile. La felicità è un concetto (o un sentimento) che corre accanto alla vita, talvolta la incrocia per un istante, una giornata, un breve periodo, ed è — nella sua essenza — momentanea, transitoria? Oppure può diventare una condizione stabile, un modo di affrontare l’esistenza, anche a fronte delle fatiche e dei dolori della quotidianità? Questo tema ha ispirato Roberto Vecchioni per il suo ultimo libro La vita che si ama. Storie di felicità. Il cantautore e scrittore (il suo primo album, Parabola, è del 1971 e durante la carriera ha pubblicato diversi libri) affronta la sfida dell’essere felici partendo dalla profondità degli affetti, quella per i propri quattro figli, ai quali è dedicato lo scritto, e per gli altri suoi cari.

    Pagine appassionate, nelle quali l’autore ripercorre la sua vita soprattutto attraverso piccoli eventi del mondo privato, molto poco di quello del cantautore («I fatti minimi sono lenti di ingrandimento, quelli grandi li ho dati per scontati», dice). Emergono ricordi di un uomo normale, il lavoro di insegnante, il rapporto con i figli (Francesca, Carolina, Arrigo ed Edoardo), con la moglie Daria Colombo. Poi la storia — che potrebbe riguardare tanti — di una casa al lago (di Garda), teatro di emozioni, l’affetto per il cane Paco. Frammenti che si compongono in una narrazione dove la poesia non fatica a espandersi, perché è nella natura stessa di Roberto Vecchioni pensare e parlare in un flusso evocativo. La felicità non è serenità, esordisce l’autore, già nella prima pagina, non è l’assenza di dolore o «l’imperturbabilità» epicurea, e non è nemmeno l’eterea beatitudine dei mistici, perché «La felicità è lì, a portata di mano». La suggerisce con un’immagine: «A volte è visibile come un’apparizione tra un albero e l’altro di un bosco». Poi, più razionale: «È nel vivere in sé, non è gioia o euforia, è il dinamismo del tempo, la geometria stessa».

    Lo spazio della felicità è in quel «tempo verticale» sempre presente: «Vuol dire avere tutto in un solo istante (…). Quando vedete una cosa, la vedete per l’ultima volta. Ogni persona che incontrate, appena la incontrate, è per l’ultima volta». Il «tempo verticale», al contrario del normale, abituale «tempo orizzontale», è quello che percepiscono «I bambini, i pazzi, i geni: non c’è passato, non esiste futuro, perché per loro i ricordi sono lì, adesso, a portata di mano, non dispersi in una nebbia». Nel libro, ogni episodio scorre nel fiume della memoria, in cui trovano posto parole di canzoni e momenti familiari che diventano epifanie. Una ricerca del tempo perduto che non è perduto, ma abita la mente.

    «Un’autobiografia nella quale raccontare i miei successi non mi interessa — sintetizza — perché la biografia non deve essere un ornamento». Nonostante ciò, fugace, quasi mascherata, emerge la genesi di un capolavoro, indimenticabile e amato da diverse generazioni, Luci a San Siro (pubblicato nell’album Parabola). La canzone nasce durante il servizio militare, in caserma a Linate dove Vecchioni vestiva la divisa da aviere: «Io mi caccio in un angolo e, improvvisamente, mi tornano tutte le sere passate in Seicento con te, sulla montagnetta di San Siro. E mi metto a suonare, istintivamente, buttando giù le prime parole che capitano (…). Forse in questa canzone (ma qualcuno l’ascolterà mai?) dovrò anche metterci Milano e le sue luci, che non saranno mai più uguali, non saranno mai più le stesse». Rivelazioni, istantanee, ma ciò che importa all’autore è anche comunicare idee, come quella di comunità, nel racconto Frammento 94, dove racconta la sua esperienza di insegnante al liceo Beccaria, e di creatività, in Il biliardo di Chomsky, un’immaginaria partita con Noam Chomsky, il padre della linguistica moderna, che Vecchioni ha conosciuto, sebbene non durante una sfida a stecca. O ancora l’idea di armonia, con i figli (il più giovane, Edoardo, ha 23 anni, Arrigo 29, Carolina 32 e Francesca 40) e con la moglie Daria: «Siamo complementari, lei ha un’attitudine per il sociale, ha sempre desiderato salvare la gente, io sono più rapito dalla fantasia».

    È un libro intriso di cultura, La vita che si ama (Vecchioni, 73 anni, laureato in lettere classiche, è stato professore alle scuole superiori e ora ha incarichi come docente universitario), ma citazioni e rimandi sono sempre accennati, mai invadenti: «La cultura serve a trovare un senso alla vita, il terzo segreto della salvezza. È un mezzo, non un fine o una vetrina di se stessi».
    Nel cerchio della felicità possibile appaiono anche il padre Aldo, uomo che viveva intensamente e primo maestro («Aldo era di una felicità così assoluta da sembrare a tutti, me compreso, imperturbabile») e la madre Eva, alla quale Vecchioni regala le ultime righe del libro: «Che c’eri sempre a ogni mio Natale, a ogni smisurata incoscienza, a ogni amore svanito in profumo, a ogni mia scatola di giochi, solitudine di cui tu conoscevi le stelle».
     
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    Interessante questo libro, a te, mi par di capire, è piaciuto; mi fido e lo leggerò.
     
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    CITAZIONE (*dani @ 9/2/2016, 13:10) 
    So che c'era già un topic dedicato ai libri - alle letture estive, se non sbaglio - ma è stato inghiottito dal forum per... scarsa frequentazione, per cui riprovo qui, sperando in maggior fortuna e visibilità :)
    Il mio anno da lettrice è iniziato alla grande, più passa il tempo e più mi rendo conto che se non dedico almeno una mezz'oretta serale (notturna, più che altro :)) alla lettura, mi manca qualcosa di necessario. Sono una lettrice onnivora con una predilezione per i gialli, ma il 2016 mi ha portato "fuori rotta" grazie ad un'autrice di cui avevo sentito parlare molto, ma non avevo mai letto: Elena Ferrante.
    Tutto è iniziato a Natale, quando ho ricevuto in regalo "Storia della bambina perduta": leggo la quarta di copertina e scopro che il romanzo è l'ultimo capitolo di una quadrilogia dedicata ad una storia di amicizia dall'infanzia alla vecchiaia. A quel punto, non sapevo che fare... dopo qualche tentennamento, ho acquistato il primo della serie (L'amica geniale) dicendomi: se mi piace, compro anche gli altri due, se no leggo questo e pazienza, metto da parte anche quello che mi è stato regalato...
    Arrivata a metà de L'amica geniale, ho ordinato in rete il secondo e terzo libro (Storia del nuovo cognome e Storia di chi parte e di chi resta) e, adesso che sto per iniziare la lettura del terzo, penso già che a storia conclusa Lenù e Lila mi mancheranno. Mi hanno "stregato" la scrittura, la vicenda, l'ambientazione... era da tempo che un romanzo non mi catturava in questo modo, la sera faccio fatica a spegnere la luce e smettere di leggere. Consigliatissimooo!!!

    (IMG:http://i68.tinypic.com/sbsuub.jpg)

    Elena Ferrante, con il suo nuovo romanzo, torna a sorprenderci, a spiazzarci, regalandoci una narrazione-fiume cui ci si affida come quando si fa un viaggio con un tale piacevole agio, con un tale intenso coinvolgimento, che la meta più è lontana e meglio è. L’autrice abbandona la piccola, densa storia privata e si dedica a un vasto progetto di scrittura che racconta un’amicizia femminile, quella tra Lila Cerullo ed Elena Greco, dall’infanzia a Napoli negli anni Cinquanta del secolo scorso fino a oggi.

    L'amica geniale comincia seguendo le due protagoniste bambine, e poi adolescenti, tra le quinte di un rione miserabile della periferia napoletana, tra una folla di personaggi minori accompagnati lungo il loro percorso con attenta assiduità. L'autrice scava intanto nella natura complessa dell'amicizia tra due bambine, tra due ragazzine, tra due donne, seguendo passo passo la loro crescita individuale, il modo di influenzarsi reciprocamente, i buoni e i cattivi sentimenti che nutrono nei decenni un rapporto vero, robusto. Narra poi gli effetti dei cambiamenti che investono il rione, Napoli, l'Italia, in più di un cinquantennio, trasformando le amiche e il loro legame. E tutto ciò precipita nella pagina con l'andamento delle grandi narrazioni popolari, dense e insieme veloci, profonde e lievi, rovesciando di continuo situazioni, svelando fondi segreti dei personaggi, sommando evento a evento senza tregua, ma con la profondità e la potenza di voce a cui l'autrice ci ha abituati... Non vogliamo dirvi altro per non guastare il piacere della lettura.

    Finalmente sono riuscita a trovare un po' di tempo per leggere "L'amica geniale".... ho iniziato di sera prima di addormentarmi, senza troppo slancio, a dire il vero. Dopo i primi due capitoli le vicende di queste protagoniste bambine hanno cominciato ad incuriosirmi, al terzo ero già incollata completamente alla loro storia fatta di miseria e desiderio di riscatto, sullo sfondo dello squallido quartiere di Napoli in cui vivono. Sono a metà delle pagine e mi spiace solo di non avere più tempo da dedicare alla lettura, a causa degli esami e della stanchezza. Sospetto che la narrazione sia in qualche modo autobiografica (Elena Ferrante/ Elena Greco), ma non ho trovato conferma della mia intuizione. So che l'autrice scrive con uno pseudonimo, e che nessuno sa quale sia il suo vero nome. Hai per caso informazioni più precise in proposito?

    Grazie per il suggerimento ;)
     
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    CITAZIONE (dordogne @ 24/6/2016, 22:03) 
    Finalmente sono riuscita a trovare un po' di tempo per leggere "L'amica geniale".... ho iniziato di sera prima di addormentarmi, senza troppo slancio, a dire il vero. Dopo i primi due capitoli le vicende di queste protagoniste bambine hanno cominciato ad incuriosirmi, al terzo ero già incollata completamente alla loro storia fatta di miseria e desiderio di riscatto, sullo sfondo dello squallido quartiere di Napoli in cui vivono. Sono a metà delle pagine e mi spiace solo di non avere più tempo da dedicare alla lettura, a causa degli esami e della stanchezza. Sospetto che la narrazione sia in qualche modo autobiografica (Elena Ferrante/ Elena Greco), ma non ho trovato conferma della mia intuizione. So che l'autrice scrive con uno pseudonimo, e che nessuno sa quale sia il suo vero nome. Hai per caso informazioni più precise in proposito?

    Grazie per il suggerimento ;)

    Dordy, è un piacere scoprire che L'amica geniale sta catturando anche te, impegni permettendo. Vedrai che, complice l'estate, divorerai anche i tre romanzi successivi e alla fine Lila e Lenù ti mancheranno. È' successo non solo a me, ma a tutte le amiche cui l'ho consigliato (oltre a milioni di lettori :), visto il successo planetario).
    Anche secondo me ne L'amica geniale la componente autobiografica è presente, credo che l'autrice abbia raccontato molto di sé tratteggiando il personaggio di Elena Greco (che, guarda caso, nel romanzo diventa un'affermata scrittrice), ma quanto alla sua identità non c'è modo di scoprirla. Sono state fatte molte congetture, ma le autrici/gli autori chiamati in causa hanno sempre smentito.
    Ti lascio a riguardo un articolo

    Chi è Elena Ferrante

    C’è chi non vuole sapere chi è (Annalena Benini), chi la implora di palesarsi (Elena Stancanelli); Wikipedia ci informa che Elena Ferrante è nata a Napoli nel 1943 (ma come fa a saperlo?): di fatto il mistero sulla vera identità dell’autrice della quadrilogia L’amica geniale resta fitto al punto che non si sa neppure se dietro a questo nome si nasconda una donna, oppure un uomo. Il povero Domenico Starnone ha appena pubblicato il suo nuovo romanzo, Lacci, e intervistato per Repubblica, invece di parlare del libro, ha dovuto difendersi dalle congetture della giornalista che continuava a paragonare il suo stile e i suoi contenuti a quelli della Ferrante. E il toto Ferrante non risparmia la moglie di Starnone: tra i papabili c’è anche Anita Raja, traduttrice tra gli altri di Christa Wolf e Ingeborg Bachmann. Altro intellettuale illustre, citato come possibile Ferrante, è Goffredo Fofi: perché conosce bene Napoli? Perché si è sempre interessato al popolino del rione, raffigurato nelle pagine della quadrilogia in tutta la sua violenza ma anche in tutta la sua umanità? E se a scrivere questo romanzone fossero stati i suoi editori Sandro e Sandra Ferri di e/o (qui viene evocato il gioco tra i nomi Ferri e Ferrante)? Ma la Ferrante si è chiamata così in omaggio alla Morante, che molti considerano la sua ideale maestra e antesignana? I dubbi rimangono, ma una certezza in tutta questa storia c’è: Elena Ferrante, chiunque lei sia, ha riacceso l’interesse per la letteratura italiana negli Stati Uniti. Il New York Times l’ha paragonata a Manzoni. Un’italiana che non insegue la gloria e tuttavia illumina il suo paese di gloria riflessa: che bella eccezione.
     
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    Ormai è assodato, sono una lettrice compulsiva :lol: : dall'inizio dell'anno ho letto quasi una trentina di libri, otto nell'ultimo mese o poco più :woot: ... va be', non erano dei gran tomi, per lo più gialli non impegnativi, però sempre otto rimangono.
    Il più deludente? In realtà dovrei dire i più deludenti, perché la partita se la giocano due autori solidi come Camilleri e la Ferrante. Ho recuperato L'amore molesto della Ferrante sulla scia di quella magnifica quadrilogia che è L'amica geniale. Lo stile di scrittura è quello, ma il romanzo è, nel suo insieme, molesto... carico di ossessioni e fantasie nel racontare un rapporto irrisolto tra madre e figlia. Quanto a Camilleri, il suo Noli me tangere è un romanzo che sembra scritto tanto per... e non è affatto un giallo,anche se presentato come tale.
    Il più inutile? Scusate il disordine del Liga... il filo conduttore avrebbe essere la musica, ma sono davvero racconti disordinati: scrittura scorrevole, ma poco incisiva; storie ripetitive nonostante la varietà di personaggi e situazioni (in molti racconti c'è un elemento che scompagina la realtà e rende surreali situazioni apparentemente normali). Un solo racconto, a mio parere, si distacca dagli altri ed è l'ultimo, incentrato su un cantante alle prese con il dolore per la morte di un figlio nato prematuro... autobiografico fino all'osso, e per questo, probabilmente, dettato da una reale urgenza narrativa.
    Il più brutto? Arrigoni e la bella del Chiaravalle, romanzo giallo di Crapanzano ambientato nella Milano degli anni '50. La vicenda in sé non è male, ma lo stile dell'autore è davvero deludente e risultano fastidiosissime le parentesi che apre continuamente per spiegare le differenze tra la Milano e la vita di un tempo e quella attuale: a momenti sembra quasi di leggere un manuale o una guida turistica, più che un romanzo.
    Senza infamia e senza lode altri due gialli: Il guardiano del faro della Lackberg, e La brutta estate di Ruggeri (sì, proprio lui, il cantautore).
    Tra tante delusioni, una bella (ri)scoperta: Maurizio De Giovanni. Di questo autore avevo letto un romanzo della serie dell'ispettore Ricciardi e non mi era dispiaciuto; l'altra serie, dedicata all'ispettore Lojacono, è una bella conferma e ho già letto d'un fiato i primi due romanzi: Il metodo del coccodrillo e I bastardi di Pizzofalcone. Consigliati a chi amai gialli italiani, incentrati più sui personaggi che sulla vicenda in sé.




    Napoli, così, non l'avevamo vista mai. Una città borghese, inospitale e caotica, cupa e distratta, dove ognuno sembra preso dai propri affari e pronto a defilarsi. È esattamente questo che permette a un killer freddo e metodico di agire indisturbato, di mischiarsi alla folla come fosse invisibile. "Il Coccodrillo" lo chiamano i giornali: perché, come il coccodrillo quando divora i propri figli, piange. E del resto, come il coccodrillo, è una perfetta macchina di morte: si apposta, osserva, aspetta. E quando la preda è a tiro, colpisce. Tre giovani, di età e provenienza sociale diverse, vengono trovati morti in tre differenti quartieri, freddati dal colpo di un'unica pistola. L'ispettore Giuseppe Lojacono è l'unico che non si ferma alle apparenze, sorretto dal suo fiuto e dalla sua stessa storia triste. È appena stato trasferito a Napoli dalla Sicilia. Un collaboratore di giustizia lo ha accusato di passare informazioni alla mafia e lui, stimato segugio della squadra mobile di Agrigento, ha perso tutto, a cominciare dall'affetto della moglie e della figlia. È il giovane sostituto procuratore incaricato delle indagini, la bella e scontrosa Laura Piras, a decidere di dargli un'occasione, colpita dal suo spirito di osservazione. E così Lojacono, a dispetto di gerarchie e punizioni, l'aiuterà a trovare il collegamento, apparentemente inesistente, tra i delitti. A scorgere il filo rosso che conduce a un dolore bruciante, a una colpa non redimibile, a un amore assoluto e struggente.




    A seguito di un grave episodio di corruzione, la squadra investigativa del commissariato di Pizzofalcone deve essere ricostruita, dopo aver rischiato di essere sciolta. Dagli altri distretti sono inviati gli investigatori più scomodi. Tutti sono sospettosi e resistenti a fare squadra nonostante il lavoro connettivo di Palma, il nuovo commissario. In questo difficile contesto, mentre l'inverno lotta per non cedere il posto alla primavera con burrasche di vento che disordinano ulteriormente la città, la moglie di un notaio ricchissimo, apprezzata per le sue opere di beneficenza, è trovata morta con il cranio fracassato nella sua casa sul lungomare. Nei Quartieri Spagnoli invece, a seguito di una segnalazione anonima, due agenti trovano una ragazza bellissima che vive segregata ma si rifiuta di denunciare il suo stato di reclusione; starà a loro portare alla luce un'incredibile storia d'amore e sofferenza. Un poliziotto anziano e malato raccoglie materiale sui suicidi di persone sole che oramai da un decennio si verificano nel distretto, convinto che qualcuno le aiuti a concludere una vita che non vogliono continuare. Quattro uomini e due donne che hanno ereditato un infamante soprannome, costretti a lavorare insieme senza volerlo, ognuno in lotta con la propria esistenza un panorama ancora più buio di quanto ci si possa aspettare.
     
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    L'impossibilità di camminare a lungo tra i miei monti per i postumi della caduta - ma oggi va già decisamente meglio :) - e il maltempo di ieri mi hanno portato a divorare letteralmente 7-7-2007 di Antonio Manzini: finito in due giorni!
    La figura del vicequestore Rocco Schiavone è ormai entrata nel mio immaginario quanto il mitico Montalbano di Camilleri; Rocco è un personaggio ostico e dolente, che si porta dentro un macigno da quel 7-7-2007 che dà il titolo a quest'ultimo romanzo. La vicenda è una sorta di lunghissimo flash back e svela un dolore che il tempo non ha attenuato... ne viene fuori un giallo atipico, con un finale struggente.
    Da leggere, come tutti i precedenti di Manzini, e con la solita raccomandazione per chi avesse voglia di scoprire questo autore: rispettare, nella lettura, l'ordine d'uscita dei romanzi (La pista nera; La costola d'Adamo; Non è stagione; Era di maggio; 7-7-2007)

    http://sellerio.it/it/catalogo/7-7-2007/Manzini/88980

    7-7-2007
    Rocco Schiavone è il solito scorbutico, maleducato, sgualcito sbirro che abbiamo conosciuto nei precedenti romanzi che raccontano le sue indagini. Ma in questo è anche, a modo suo, felice. E infatti qui siamo alcuni anni prima, quando la moglie Marina non è ancora diventata il fantasma del rimorso di Rocco: è viva, impegnata nel lavoro e con gli amici, e capace di coinvolgerlo in tutti gli aspetti dell’esistenza. Prima di cadere uccisa. E qui siamo quando tutto è cominciato…

    «Lo sai cosa lasciamo di noi? Una matassa ingarbugliata di capelli bianchi da spazzare via da un appartamento vuoto».
    Rocco Schiavone è il solito scorbutico, maleducato, sgualcito sbirro che abbiamo conosciuto nei precedenti romanzi che raccontano le sue indagini. Ma in questo è anche, a modo suo, felice. E infatti qui siamo alcuni anni prima, quando la moglie Marina non è ancora diventata il fantasma del rimorso di Rocco: è viva, impegnata nel lavoro e con gli amici, e capace di coinvolgerlo in tutti gli aspetti dell’esistenza. Prima di cadere uccisa. E qui siamo quando tutto è cominciato.
    Nel luglio del 2007 Roma è flagellata da acquazzoni tropicali e proprio nei giorni in cui Marina se ne è andata di casa perché ha scoperto i «conti sporchi» di Rocco, al vicequestore capita un caso di bravi ragazzi. Giovanni Ferri, figlio ventenne di un giornalista, ottimo studente di giurisprudenza, è trovato in una cava di marmo, pestato e poi accoltellato. Schiavone comincia a indagare nella vita ordinata e ordinaria dell’assassinato. Giorni dopo il corpo senza vita di un amico di Giovanni è scoperto, in una coincidenza raccapricciante, per strada. Matteo Livolsi, questo il suo nome, è stato finito anche lui in modo violento ma stavolta una strana circostanza consente di agganciarci una pista: non c’è sangue sul cadavere. Adesso, l’animale da fiuto che c’è dentro Rocco Schiavone può mettersi, con la spregiudicatezza e la sete di giustizia di sempre, sulle tracce «del figlio di puttana che ha accoltellato due ventenni alla base del cranio». Ma se fosse la storia di un balordo solitario, sarebbe troppo liscia. Rocco invece ha un appuntamento con il fato tragico, e non sa di averlo. E quell’appuntamento gli lascia in eredità un nemico appostato quasi dieci anni dopo, quando, finito il ricordo, si ritorna al presente e Rocco ha da chiudere definitivamente il caso.
    Il ritmo dei noir di Antonio Manzini dà il senso di un meccanismo dai mille ingranaggi che non perde mai un colpo, che gira all’unisono col travaglio esistenziale di un personaggio che resta nella mente, mentre lo sguardo di chi lo muove si posa critico e triste sulla realtà sociale dei tempi che corrono.
     
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    Sono molto tentata dal libro di Ligabue: lo amo come cantautore e regista ma non mi sono ancora mai avvicinata a lui come scrittore: *dani hai letto anche gli altri suoi libri? Se sì, come li hai trovati?
     
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    CITAZIONE (ros@ @ 10/8/2016, 17:18) 
    Sono molto tentata dal libro di Ligabue: lo amo come cantautore e regista ma non mi sono ancora mai avvicinata a lui come scrittore: *dani hai letto anche gli altri suoi libri? Se sì, come li hai trovati?

    Premessa: sono una fan del Liga, quindi non troppo obiettiva ;)
    La prima raccolta di racconti, Fuori e dentro il borgo, vale la pena e così il romanzo La neve se ne frega, che a me è piaciuto molto... lascerei invece proprio perdere i libri di poesie, Lucianone non ha la stoffa del poeta pur essendo un autore di canzoni.

    P.S. per gli eventuali lettori di Manzini: volendo si può anche iniziare da 7-7-2007 e poi continuare dal primo...
     
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  9. ros@
     
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    CITAZIONE (*dani @ 10/8/2016, 18:26) 
    CITAZIONE (ros@ @ 10/8/2016, 17:18) 
    Sono molto tentata dal libro di Ligabue: lo amo come cantautore e regista ma non mi sono ancora mai avvicinata a lui come scrittore: *dani hai letto anche gli altri suoi libri? Se sì, come li hai trovati?

    Premessa: sono una fan del Liga, quindi non troppo obiettiva ;)
    La prima raccolta di racconti, Fuori e dentro il borgo, vale la pena e così il romanzo La neve se ne frega, che a me è piaciuto molto... lascerei invece proprio perdere i libri di poesie, Lucianone non ha la stoffa del poeta pur essendo un autore di canzoni.

    P.S. per gli eventuali lettori di Manzini: volendo si può anche iniziare da 7-7-2007 e poi continuare dal primo...

    Grazie mille, allora seguirò il tuo consiglio! ;)
     
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    E dopo Rocco, l'ultimo caso di Salvo :) ... godibile come sempre, Camilleri non delude anche se la conclusione della vicenda è un po' forzata, così come l'inserimento nella storia degli sbarchi dei migranti.

    http://static.lafeltrinelli.it/static/fron...253_1628781.jpg

     
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    CITAZIONE (*dani @ 17/8/2016, 15:47) 
    E dopo Rocco, l'ultimo caso di Salvo :) ... godibile come sempre, Camilleri non delude anche se la conclusione della vicenda è un po' forzata, così come l'inserimento nella storia degli sbarchi dei migranti.

    http://static.lafeltrinelli.it/static/fron...253_1628781.jpg

    Comprato anch'io, ma prima ho da leggere i quattro libri della Ferrante, inviatimi da Dordy ( uno, il primo, per la verità lo avevo già comprato in cartaceo , ma la soluzione e-book è geniale x quando si è in vacanza). Vi dirò quando ne sarò venuta a capo.
     
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    CITAZIONE (bice @ 17/8/2016, 17:27) 
    CITAZIONE (*dani @ 17/8/2016, 15:47) 
    E dopo Rocco, l'ultimo caso di Salvo :) ... godibile come sempre, Camilleri non delude anche se la conclusione della vicenda è un po' forzata, così come l'inserimento nella storia degli sbarchi dei migranti.

    http://static.lafeltrinelli.it/static/fron...253_1628781.jpg

    Comprato anch'io, ma prima ho da leggere i quattro libri della Ferrante, inviatimi da Dordy ( uno, il primo, per la verità lo avevo già comprato in cartaceo , ma la soluzione e-book è geniale x quando si è in vacanza). Vi dirò quando ne sarò venuta a capo.

    Hai iniziato L'amica geniale? Curiosissima di avere il tuo parere, quando ne verrai a capo ;)... per me rimane la miglior lettura di quest'anno...
     
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    Aggiorno - per chi non so, magari solo per me stessa :unsure: - questa pagina, raccontando le ultime letture.
    E' stata senza dubbio un'estate in giallo, ma fatta solo di gialli italiani e sicuramente atipici, in cui contano più i protagonisti con il loro vissuto o i loro fantasmi quotidiani, della vicenda, che comunque è presente e cattura... dopo lo struggente 7-7-2007 di Manzini e il classico Camilleri, ho letto Di rabbia e di vento di Robecchi e continuato la serie di De Giovanni dei Bastardi di Pizzofalcone con Buio: ottimi entrambi, con quel sottofondo di rabbia e di malinconia che li contraddistingue e con la mancanza di un lieto fine, perché non tutti i casi - di omicidio e della vita - possono risolversi.








    Al centro delle indagini dell’ultimo racconto di Maurizio de Giovanni (Buio, Einaudi, 2013) non c’è stavolta un truce omicidio, ma un crimine che angoscia molto più di un fatto di sangue. Il rapimento di un bambino di dieci anni, Dodo Ceglia, nipote di un ricco e noto imprenditore, porterà infatti a consolidare il lavoro di squadra dei Bastardi di Pizzofalcone, scavando nel comune disagio e nelle complesse storie di ciascuno dei poliziotti e regalando a noi lettori una trama forte che emoziona e colpisce al tempo stesso.
    Il buio fisico a cui è costretto il piccolo Dodo nella sua prigionia, alleviata soltanto dalla presenza del pupazzo di Batman, riflette la condizione di “oscurità morale” dei personaggi: una schiera di deboli e di invisibili afflitti dai propri drammi individuali nella cornice di una Napoli metropolitana risvegliata dal tepore del sole primaverile di maggio. C’è la triste immagine di una ricca famiglia allargata, quella di Dodo, in cui, ancor più dei soldi, sembra essere la sete di potere e l’egoismo a muovere le dinamiche interpersonali. C’è la strana vicenda del furto in un appartamento che si intreccia con l’indagine principale e che è lo strumento attraverso cui rappresentare un altro misero e oscuro rapporto coniugale. Ci sono, poi, le vicende personali dei Bastardi. Le loro storie sono già note al pubblico di de Giovanni ma si arricchiscono, in questo romanzo, di elementi nuovi, di sfumature ed emozioni che salgono a galla spinti dalla marea che ha scosso gli animi e i cuori di quella improbabile e un po’ anomala squadra investigativa: la vicenda del rapimento di Dodo. Del caso se ne occupano Aragona, il giovane esuberante ma dotato di grande acume e Romano, silenzioso e irascibile, vittima degli errori del suo passato. Ma l’indagine coinvolgerà l’intera squadra:

    l’ispettore Lojacono, combattuto tra il suo ruolo di padre e di uomo innamorato;
    il vecchio Pisanelli, che porta avanti la sua convinta caccia all’“assassino dei morti suicidi”;
    l’enigmatica Di Nardo, che sembra aver trovato ciò che sempre aveva cercato e rifuggito;
    l’attenta e materna Ottavia, rassegnata nella sua condizione di moglie e madre;
    il commissario Palma, scosso da un brivido che la collega gli risveglia.
    Tutti con un proprio mondo interiore in fermento, in lotta per uscire dal “buio” e risvegliato dall’immagine di quel bimbo che dalla telecamera di sicurezza, prima di scomparire, sembra fissare l’obiettivo per invocare l’aiuto dei Bastardi: eroi senza superpoteri, figure complesse emarginate dalla società e divise tra il bene e il male. Un racconto corale in cui la storia del crimine non sacrifica ma è anzi il mezzo attraverso cui condurre un’analisi vera delle emozioni e delle sensazioni dei personaggi, descritte in modo tale da rapire il lettore e trascinarlo in una girandola di sentimenti, dall’angoscia alla tenerezza, dalla rassegnazione fino alla commozione…

    Un bellissimo libro dalla trama forte e dal finale inaspettato. Splendide le pagine d’interludio dedicate al “maggio traditore”, in cui l’autore, isolandosi dalla storia principale, punta il suo sguardo a spaccati di vita a volte troppo crudi ma reali, addolcendoli con uno stile poetico e personale che fa di de Giovanni uno scrittore sensibile e originale. Consigliato a tutti, agli amanti del genere e a chi, oltre ad appassionarsi alla trama, non rinuncia all’emozione e alla riflessione.
     
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    Stordita
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    Comunico ufficialmente a... me medesima :P :lol: (visto il seguito di questa pagina) che ho finito la serie dei Bastardi di Pizzofalcone - Gelo e Cuccioli - e ne sento già la mancanza. Aspetto con curiosità e timore insieme, vista la particolarità della scrittura di De Giovanni, la trasposizione televisiva con Alessandro Gassmann nei panni del commissario.... dubito comunque che la poesia malinconica che si respira nei romanzi troverà spazio nella fiction.



    Chist'è 'o paese d' 'o sole, chist'è 'o paese d' 'o mare, chist'è 'o paese addó tutt' 'e pparole, so' doce o so' amare, so' sempe parole d'ammore!»
    Quando si pensa a Napoli è difficile non lasciarsi trasportare dalla melodia armoniosa di questa celebre canzone scritta nel 1925 da Libero Bovio e interpretata dai più grandi cantautori italiani e stranieri. Versi famosi al punto tale da dar vita negli anni a una vera e propria memoria collettiva.
    Bene, mettete per un attimo da parte questa visione elegiaca perché la Napoli che incontriamo nell’ultimo romanzo di de Giovanni è tutt'altro che questo, è una città dall’aspetto insolito, quasi irriconoscibile. Un posto crudele: freddissimo, anzi gelido al limite dell’inospitalità.
    È una brutta bestia il freddo. Ti arriva addosso ed è una mazzata. Alla lunga entra nelle ossa e poi si infila nell’anima. E quando entra nell'anima inevitabilmente la cambia. Arriva all’improvviso il freddo ed è una sensazione pungente sulla pelle scoperta, inaridisce il cuore e ghiaccia i sentimenti. Ed è proprio ciò che accade nella nostra storia.
    Nella Napoli colpita dal freddo impetuoso di uno strano novembre, un gelo che la città mal sopporta, si consuma un duplice omicidio: Biagio e Grazia Varricchio, fratello e sorella di origini calabresi arrivati a Napoli per rifarsi una vita, vengono assassinati nella loro abitazione, in via Egiziaca, in circostanze assai misteriose.
    L’unica cosa certa è che i due avrebbero dovuto incontrarsi con il padre che non vedevano da diciassette anni perché appena uscito di galera dopo aver scontato una pena per omicidio. Chi conosceva le vittime sapeva che questo confronto era motivo di grande tensione per i due ragazzi. Da questa unica consapevolezza parte l’indagine dei Bastardi, il coraggioso, ormai noto, dipartimento di polizia che cerca di riscattarsi dall’eredità di una pessima fama.
    Manca all'apparenza un movente e l'indagine sembra prendere subito una brutta piega con l’aumento del numero dei possibili indiziati. Non si può perdere altro tempo, è necessario concentrarsi su una valida pista e agire con risoluzione. Trovare presto l'assassino e chiudere il caso, non solo per ridare giustizia a quei corpi martoriati, ma anche perché le alte dirigenze non aspettano altro che un passo falso dei Bastardi per poter chiudere una volta per tutte il dipartimento.
    Servirà la collaborazione, la sensibilità e l'ingegno di tutti gli agenti, ognuno con il proprio bagaglio di esperienze e con quel calore che sembra allontanare il gelo.
    Chiunque abbia letto almeno uno dei romanzi di de Giovanni sa quanto è forte il rapporto che l'autore ha con la sua città e quanto quest’ultima si offra come scenario ideale per le sue storie: quante idee, quanti panorami si aprono all’autore ogni volta che entra in un vicolo. A Napoli le storie sono lì, a portata di mano. Poi però bisogna strutturarle, dar loro corpo e anima. E qui entra in gioco lo scrittore che deve plasmare il magma creativo che la città offre e dar vita ad una storia che sia forte e veritiera - come questa - dove un profondo senso di inadeguatezza attraversa le vite di tutti i personaggi, siano essi investigatori, indiziati, o vittime.
    Nessun neomelodico, nessuna sceneggiata e nemmeno un Pulcinella con pizza e mandolino: la Napoli di de Giovanni è oscura ma viva, lontana da ogni cliché. Un posto dove «ognuno è portatore di un’invisibile croce e schiacciato da un destino senza nome, ognuno con il suo confine privato: due milioni di isole in un unico arcipelago senza ponti né traghetti» come scrive l’autore in uno splendido passo dal forte impatto emotivo.
    Sappiamo che Partenope è una città che amplifica ogni cosa, priva com’è di silenzi e di distanze. Anche l'amore è amplificato, nel bene e nel male. Lo descrive bene de Giovanni che narra un amore potente, ossessionante, sempre in bilico tra desiderio e sensi di colpa, un amore che nonostante tutto non riesce a sbocciare.
    Gelo (meno strong e più armonioso e sentimentale rispetto agli altri della serie) analizza innanzitutto le passioni e le emozioni dei protagonisti. Ciò che conta non è soltanto il plot narrativo quanto il quadro umano che appare ai nostri occhi. Vengono messi a nudo i pensieri più segreti dei personaggi, che non ci lasciano indifferenti, ma anzi ci confondono e ci fanno stare male. Una commedia umana molto simile a quelle inscenate da Eduardo. Un noir sentimentale che consente a de Giovanni di raccontare la complessità di una metropoli unica nel panorama italiano, perché il crimine è il solo fazzoletto di terra in cui universi così distanti tra loro s’incontrano e si confondono.



    Presto il grande pubblico, quello televisivo, scoprirà i protagonisti della serie dei Bastardi di Pizzofalcone e ne porterà via un pezzo ai suoi lettori assidui, che sono notoriamente gelosi e orgogliosi della loro scoperta. Il primo ad arrivare sullo scrittore napoletano era stato l’editore Fandango, che ha pubblicato i primi capitoli della serie del commissario Ricciardi, poi riedita da Einaudi; adesso è la Rai, con una fiction televisiva in onda tra un anno (autunno 2016) sulla prima rete. Gradino dopo gradino de Giovanni ha scalato le classifiche partendo dal basso, grazie a un talento e una capacità rari.
    La sua scrittura, intrisa di una napoletanità lieve, capace di attingere ai colori e ai gusti della città in cui vengono ambientate tutte le storie, viaggia lentamente in più direzioni, soffermandosi sui caratteri e i particolari, stende pennellate intense di colore e umanità, utilizzando la trama poliziesca come un pretesto per dire molto, molto di più, sui protagonisti, sulla città di Napoli e anche su noi lettori.
    La serie dei Bastardi di Pizzofalcone è quella che rivela il rapporto più stretto con la città, dal momento che il quartiere in cui viene ambientata la serie è un microcosmo dove tutti sanno ciò che succede agli altri, polizia compresa. Dal rapporto con il quartiere prendono avvio le indagini, nelle quattro mura dei bar, dei negozi e delle case vengono raccolti gli indizi, le strade portano soluzioni, proprio come avviene per i colleghi americani dell’87° Distretto inventato dallo scrittore Ed McBain, a cui de Giovanni si è ispirato.
    In questo quarto capitolo della serie, il commissariato di Pizzofalcone, sempre in bilico tra la soppressione e il riconoscimento di una ritrovata efficienza, ha mandato via i vecchi “Bastardi”, i poliziotti corrotti che avevano sequestrato una grossa partita di droga e si erano messi a spacciare in proprio. Al posto loro sono arrivati altri poliziotti, rifiuti degli altri commissariati, persone che per un motivo o per un altro hanno avuto dei guai in servizio. Lojacono, siciliano, che forse intrattiene rapporti con la mafia, Romano che si è rovinato la vita e la carriera con i suoi scatti d’ira, la giovane Alex Di Nardo dal grilletto facile e poi Marco Aragona, che pensa di essere il protagonista di una serie televisiva, capelli impomatati e occhiali a specchio anche di notte. Gli altri poliziotti, Ottavia Calabrese e l’anziano Pisanelli, erano a Pizzofalcone prima della retata e avevano lavorato per mesi insieme ai Bastardi, senza mai accorgersi di cosa stesse succedendo.
    Che razza di poliziotti sono? In un primo momento il commissario incaricato di chiudere il commissariato, Luigi Palma, aveva pensato di affidare a questi ragazzi l’ordinaria amministrazione prima della dismissione. La Procura pensava che non avesse senso lasciare attivo un commissariato al centro della città, schiacciato tra altri due commissariati più grossi, con competenza su un quartiere residenziale molto piccolo, e poi con una macchia così infamante sulla sua reputazione. Poi però Palma si era reso conto che quei ragazzi avevano talento, talento vero, che oltre alle capacità individuali la loro unione, la loro squadra, aveva dato vita a una strana, assurda chimica, che li rendeva più svelti, più intuitivi, più abili degli altri. Alla fine si poteva sperare che la Procura mantenesse il commissariato aperto…
    Una neonata trovato vicino a un cassonetto può essere l’occasione di riscatto per Francesco Romano, per le sue vicende personali, e per tutto il commissariato? Non sappiamo. La gente del quartiere, quando il poliziotto trova la bambina cianotica e in fin di vita, si stringe intorno al commissariato e inizia a collaborare. Quasi immediatamente si scopre che la donna che ha partorito il neonato non è la stessa persona che l’ha abbondonata: è stata trovata sgozzata sulla poltrona di un elegante appartamento residenziale. La ragazza è una colf ucraina, la morte è avvenuta poche ore dopo il parto, mentre la bambina è stata abbandonata alcuni giorni dopo la sua morte. È evidente che qualcuno ha voluto uccidere la madre e poi ha abbandonato la piccola. Perché?
    La soluzione del caso, come sempre, comporta il coinvolgimento di quella varia umanità che Maurizio de Giovanni ama descrivere e che noi amiamo leggere. Un giallo che dimostra ancora una volta una naturale inclinazione dell’autore a conquistare tutti.

    °°°°°°°°°°°°°


    Intanto la notizia del giorno, tra gli amanti dei libri (e degli enigmi), è la scoperta dell'identità dell'autrice de L'amica geniale: controlli incrociati di rendiconti finanziari ed emolumenti versati (!) proverebbero che Elena Ferrante sarebbe proprio la più volte "sospettata" Anita Roja, moglie dello scrittore Domenico Starnone.
    In realtà non ho mai capito questa curiosità: se l'autrice non vuole comparire, qual è il problema? Ciò che conta sono i suoi romanzi, la vita che traspare da essi; il commento più sarcastico e vero, a corollario dello scoop, l'ha scritto Luca Bottura sulla sua pagina fb

    Hanno scoperto chi è Elena Ferrante perché ha aumentato i suoi introiti. L'Italia è l'unico posto al mondo in cui ti beccano se le tasse paghi, non se le evadi. :rolleyes:

    Elena Ferrante, le «tracce» dell’autrice ritrovata
    –di Claudio Gatti 02 ottobre 2016

    «Non domandatemi chi sono… è una morale da stato civile. Regna sui nostri documenti. Ci lasci almeno liberi quando si tratta di scrivere», affermò Michel Foucault quasi cinquant’anni fa. E per quasi un quarto di secolo anche l’autrice della tetralogia napoletana de L’amica geniale ha rigettato quella morale celandosi dietro allo pseudonimo di Elena Ferrante.

    Di lei, dunque, non sono mai state pubblicate foto. Né è mai stato stabilito chi sia veramente. Come riporta la quarta di copertina di ogni suo libro, si sa solo che «è nata a Napoli». Allo stesso tempo Ferrante ha saputo parlare molto di sé, concedendo innumerevoli interviste mediate dalla casa editrice e scrivendo un volume sedicentemente autobiografico, La Frantumaglia.

    Un’inchiesta condotta da Il Sole 24 Ore e pubblicata oggi anche dal quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, dal sito di giornalismo investigativo francese Mediapart e da quello della rivista americana The New York Review of Books, fa ora emergere evidenze “documentali” che danno un contributo senza precedenti all’opera d’identificazione della misteriosa scrittrice.

    Anziché su un’immaginaria figlia di una sarta napoletana, come si presenta l’autrice in La Frantumaglia, le prove da noi raccolte puntano il dito su Anita Raja, traduttrice residente a Roma la cui madre era un’ebrea di origine polacca prima sfuggita all’Olocausto e poi trasferitasi a Napoli.

    Sposata con lo scrittore napoletano Domenico Starnone, Raja ha da tempo uno stretto rapporto di collaborazione con Edizioni e/o, la casa editrice di Ferrante, per la quale da anni lavora come traduttrice dal tedesco. Per un breve periodo è stata anche coordinatrice della Collana degli Azzurri, una collana che, nella sua brevissima esistenza negli anni ’90, secondo la responsabile dell’ufficio stampa di Edizioni e/o, ha pubblicato «un totale di tre o quattro libri, tra cui il primo romanzo di Ferrante».

    La responsabile stampa ha spiegato che Raja è una semplice traduttrice freelance e «assolutamente non una dipendente» della casa editrice. Questo ruolo non potrebbe mai spiegare i compensi pagati nell’ultimo paio di anni da Edizioni e/o a Raja, che dalla nostra inchiesta risulta essere stata la principale beneficiaria del successo commerciale dei libri di Ferrante.

    Un’analisi dei redditi registrati da Edizioni e/o e da Anita Raja negli ultimi anni, quelli del boom della tetralogia de L’amica geniale, è illuminante. Nel 2014 il bilancio di Edizioni e/o Srl riporta ricavi per 3.087.314 euro, con un aumento di oltre il 65% sul 2013. Nell’anno successivo, il 2015, il balzo è ancora più significativo: i bilanci si chiudono a 7.615.203 euro, pressappoco il 150% in più rispetto al 2014.

    Lo stesso trend in forte ascesa è replicato dai compensi che ci risultano essere stati pagati da Edizioni e/o a Raja. Abbiamo infatti appurato che nel 2014 sono aumentati di quasi il 50%, mentre nel 2015 hanno fatto un ulteriore balzo di oltre il 150 per cento.

    Il compenso totale pagato l’anno scorso da Edizioni e/o a Raja è arrivato a superare di oltre sette volte il compenso del 2010, quando il successo dei suoi libri era ancora circoscritto all’Italia e ancora non era stato pubblicato il primo volume della tetralogia.

    Questo balzo, di cui non ci risulta abbia beneficiato alcun altro dipendente, scrittore o collaboratore di Edizioni e/o, non può essere giustificato da un incremento della mole di lavoro di traduttrice, notoriamente pagato poco. La spiegazione più logica è che sia dovuto al successo dei libri di Ferrante. Anche perché i compensi del 2014 e 2015 appaiono coincidere proprio con le somme generate dai diritti di autore.
     
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    Grazie per le tue recensioni, Dani, costitiscono senz'altro un filtro utile per le scelte indecise in libreria. In effetti è un bel po' che non passo da queste parti ...e anch'io ho un nuovo libro da propore ai lettori di questo forum, terminato di fresco.
    "L'amante giapponese" in linea con lo stile delle altre opere di Isabel Allende, capace di catturarti dentro le vicende misteriose dei protagonisti (ciascuno custode di un segreto e di una sofferenza) e alla scoperta di pagine di Storia poco conosciute (ne sono un esempio le dettagliate documentazioni dei campi di concentramento in cui vissero segregati per anni, i Giapponesi americani in seguito al bombardamento di Pearl Harbour )che fanno da sfondo a due toccanti storie d'amore poco convenzionali...

    9788807031601_quarta

    CITAZIONE (bice @ 17/8/2016, 16:27) 
    CITAZIONE (*dani @ 17/8/2016, 15:47) 
    E dopo Rocco, l'ultimo caso di Salvo :) ... godibile come sempre, Camilleri non delude anche se la conclusione della vicenda è un po' forzata, così come l'inserimento nella storia degli sbarchi dei migranti.

    http://static.lafeltrinelli.it/static/fron...253_1628781.jpg

    Comprato anch'io, ma prima ho da leggere i quattro libri della Ferrante, inviatimi da Dordy ( uno, il primo, per la verità lo avevo già comprato in cartaceo , ma la soluzione e-book è geniale x quando si è in vacanza). Vi dirò quando ne sarò venuta a capo.

    Se vuoi ti invio anche "L'amante giapponese" in formato e-book: penso sia proprio un libro adatto a te ;)
     
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75 replies since 9/2/2016, 12:10   877 views
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