NON E' MAI TROPPO TARDI

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  1. mariachiara1
     
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    Il maestro Manzi e la Rai: una fiction della tv per un grande della Maremma

    Lunedì 24 e martedì 25 in onda la storia di un grande punto di riferimento per i ragazzi negli anni Sessanta .

    Grosseto, 21 febbraio 2014 - Il maestro Alberto Manzi ha segnato un’epoca. Adesso la sua storia rivive nella fiction Rai e sorprende nel libro della figlia più giovane, Giulia.
    La fiction “Non è mai troppo tardi”, in onda lunedì 24 e martedì 25 alle 21.10 su Rai Uno, riprende il titolo della famosa trasmissione televisiva con cui Manzi insegnò a milioni di italiani a leggere e a scrivere. Grande comunicatore, scrittore infaticabile, autore e conduttore di tanti programmi per la radio e la televisione, ma soprattutto educatore aperto alla modernità.
    Legato per amore alla Maremma, dove si trasferì da Roma nel 1986 insieme alla seconda moglie Sonia, che insegna tuttora a Grosseto, e da cui ha avuto Giulia. E a Pitigliano, in cui ha vissuto l’esperienza di sindaco, si è spento il 4 dicembre del 1997. A interpretare la sua figura assai complessa nella fiction Rai è l’attore Claudio Santamaria.

    Manzi ha studiato, smontato e rimontato di continuo nella pratica i metodi dell’insegnare per far meglio ragionare gli allievi, tenendo a modello la frase di Kant: “Il maestro non può insegnare pensieri, ma deve insegnare a pensare”.

    Di grande impatto per lo spettatore sarà di sicuro la prima esperienza educativa di Manzi, dopo la guerra, nel carcere minorile “Aristide Gabelli” di Roma: poco più che ventenne con 90 ragazzi da gestire dai 9 ai 17 anni che non volevano proprio saperne di scuola. Eppure conquistò la stima di tutti e poté cominciare a insegnare, la sua missione per tutta la vita in Italia come nel cuore del Sud America. Per attirare l’attenzione dei ragazzi del carcere raccontò di un gruppo di castori che lottano per salvare la propria libertà: da qui nacque il suo primo romanzo, “Grogh, storia di un castoro”.

    Con i giovani carcerati, a cui all’inizio dovette portare le matite di nascosto infilate nei calzoni, Manzi riuscì a organizzare una recita e a fare “La tradotta”, il primo giornale realizzato in un carcere minorile. L’altra esperienza formativa di grande valore avvenne in Sud America, dove nel 1955 si recò su incarico dell’università di Ginevra per svolgere ricerche scientifiche.

    Da quella volta ogni anno fino al ’77 tornò nella zona orientale della Foresta Amazzonica per portare avanti attività di scolarizzazione dei nativi. Con questo bagaglio e il successo internazionale dei suoi libri, basti pensare a “Orzowei”, dal 1960 al ’68 per la Rai e per il ministero della Pubblica istruzione condusse la trasmissione “Non è mai troppo tardi”, corso per adulti analfabeti che successivamente venne imitato in 72 Paesi. Indicato dall’Unesco come uno dei migliori programmi televisivi per la lotta contro l’analfabetismo, nel 1965 ricevette il premio dell’Onu.

    Aspetti meno noto e più intimi figurano nel libro “Il tempo non basta mai. Alberto Manzi, una vita tante vite”, pubblicato questa settimana da add editore. Un diario a tre voci che unisce l’io narrante della venticinquenne Giulia Manzi a quello della madre Sonia che racconta la vita di Alberto, di cui la figlia ha scelto alcuni brani tratti dai suoi scritti.

    “Non sono mai stata molto favorevole a ‘distribuire’ pezzi di mio padre al di fuori dell’ambito familiare – spiega Giulia, nata in Maremma ma che adesso studia a Roma – perché ogni volta è come se una parte di papà se ne andasse. Ma un giorno mia madre mi disse che aveva registrato per me un’intervista: capiva che un giorno avrei voluto sapere. Mi ha parlato del loro primo incontro sulle scale della scuola, la differenza d’età tra loro, la famiglia, la televisione, il Sud America, la mia nascita, i giochi, i libri, il dolore. Ho scoperto così che, per la prima volta, ero io a sentire il bisogno di donare qualcosa di mio padre a tutti coloro che volessero scoprirlo”.

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    La serie tv è stata realizzata da Bibi Film Tv in occasione del sessantesimo compleanno della Rai e diretta da Giacomo Campiotti che ne firma anche la sceneggiatura insieme a Claudio Fava e Monica Zapelli.
    Accanto ai due protagonisti Claudio Santamaria e Nicole Grimaudo, nel cast agli altri interpreti eccezionali: Edoardo Pesce, che vedremo prossimamente anche nei panni di Annibale (il sesto fratello della famiglia Cesaroni), Gennaro Mirto, che conosciamo come Genny di Un posto al sole, Giorgio Colangeli, noto per aver partecipato alla fiction Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana. Emanuela Grimalda, nota per il ruolo di Ave Battiston all’interno della fiction Un medico in famiglia, Andrea Tidona, conosciuto per il suo ruolo ne La nuova squadra 2 ed infine Lucia Mascino, attrice di teatro.
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  2. mariachiara1
     
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    Ho trovato questa bella intervista ad Alberto Manzi, grande, indimenticabile maestro:Video

    Ecco cosa ha detto di lui il suo interprete: www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media...f3f329d33e.html

    Un punto di riferimento in tutto il mondo
    “Non è mai troppo tardi" fu un successo che valicò i confini nazionali. La
    trasmissione fu infatti imitata in 72 paesi e ricevette numerosi
    riconoscimenti internazionali.
    L’impegno di Manzi come educatore è la testimonianza di una continua
    ricerca pedagogica e didattica per migliorare la qualità dell’istruzione a
    partire dai soggetti più difficili, perché rimasti lontani dalla scuola o
    perché rifiutati dalla scuola.
    Nell’87 viene chiamato a Buenos Aires dal governo argentino, che d’intesa
    con l’UNESCO gli affida un corso in sessanta lezioni per formare
    educatori incaricati dell’alfabetizzazione con il mezzo radiotelevisivo,
    dell’aggiornamento dei docenti, dell’educazione permanente. Il maestro
    italiano contribuisce così a quel successo dei programmi di
    alfabetizzazione che frutterà al governo argentino prestigiosi
    riconoscimenti internazionali.

    "Non è mai troppo tardi" si basava su una formula semplice ed efficace:
    linguaggio chiaro, concetti semplici, puntare all’essenziale. Ma
    soprattutto sulla straordinaria comunicatività del Maestro, che sapeva
    rivestire il messaggio di affabile simpatia, con quel suo gessetto
    perennemente impugnato davanti alla lavagna.

    Oggi l'instancabile operato del maestro Manzi prosegue grazie al Centro Studi Alberto Manzi costituito per promuovere la progettazione e la realizzazione di opere finalizzate alla comunicazione educativa nei suoi diversi campi ed espressioni.
    E’ stato anche istituito il "Premio Alberto Manzi" per dare riconoscimento
    a prodotti e progetti realizzati attraverso l’editoria tradizionale, le tecniche
    audiovisive o quelle multimediali e che abbiano finalità e caratteristiche di
    tipo didattico/educativo.

    Edited by mariachiara1 - 23/2/2014, 19:14
     
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    Ieri sera ho visto con grande piacere la prima puntata della fiction dedicata al maestro Manzi, grande mito della mia infanzia. L'ho trovata un prodotto molto ben confezionato, coerente con il messaggio che voleva veicolare e, soprattutto, molto coinvolgente dal punto di vista emotivo.
    Merito della sceneggiatura e degli interpreti. Santamaria ha prestato il suo viso e le sue capacità interpretative a questa grande figura di educatore e precursore dei metodi moderni d'insegnamento con grande convinzione e coinvolgimento. Mi è piaciuto moltissimo e non mi vergogno di ammettere che alla fine della puntata avevo i lacrimoni, sia per la situazione in sè, sia perchè ho rivissuto il piacere e le motivazioni che mi animavano quando entravo in una classe.
    Come dice una frase ormai stra-usata, "per insegnare bisogna sapere, ma per educare bisogna essere". Bisogna farsi guidare dall'amore per i ragazzi, dall'interesse autentico nei loro confronti, dall'istinto e dalla fantasia. Io non ho mai creduto ad una scuola dove fosse faticoso imparare; la scuola, soprattutto quella dell'obbligo, ma anche l'altra, non deve essere un luogo dove il ragazzo si annoia, immagazzina nozioni (che poi scorda immediatamente ) solo per dovere, deve essere il luogo dove impara a ragionare e dove la curiosità del sapere diventa il punto cardine.
    Lo sviluppo e l'utilizzo di questa metodologia sono impegnativi e faticosi per l'insegnante, ma permettono a tutti di raggiungere traguardi altissimi di crescita personale. Ancora oggi mi arrabbio quando sento giovani maestre che parlano di sacrificio, di dovere, di fatica del sapere: vuol dire che non hanno capito nulla, che hanno perso di vista la motivazione, ma soprattutto hanno perso di vista i loro ragazzi e questo, sono certa, per un insegnante è il fallimento peggiore...

    Vi posto due link che mi paiono interessanti sulla figura di questo grande educatore:

    http://www.wired.it/scienza/2014/02/24/una...o-ricorda-cosi/

    http://www.lettera43.it/blog/vita-da-preca...43675123140.htm
     
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  4. mariachiara1
     
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    Bice ti quoto in toto. ;) E anch'io aggiungo......quanti ricordi!
    Ottimo prodotto. La prima puntata mi ha particolarmente coinvolta, anzi in alcuni momenti mi ha proprio commossa.
    Per quanto riguarda gli ascolti ha letteralmente stravinto la serata con 5.932.000 telespettatori.
     
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  5. carmelac5
     
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    ricordo molto bene gli anni in cui il maestro Manzi insegnava attraverso il mezzo televisivo, con risultati ottimi, ma non conoscevo il suo curriculum di educatore.
    E' stata una figura silenziosa ed importante nel difficile dopo guerra, si è fatto poi conoscere ed apprezzare negli anni sessanta dal grande pubblico televisivo; fra tante scemenze che si mandano in onda questo è un bel lavoro, a cominciare dal soggetto per finire alla bravura degli interpreti, credibili e veramente commoventi in alcuni passaggi.
    Seguirò senza meno la seconda puntata, forse intervallando con qualche passaggio su trasmissioni che trattano temi politici, dato il momento!
     
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  6. «Tea»
     
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    Almeno qualcosa di interessante .
    L' ho guardata anch' io " Non è mai troppo tardi " ieri sera ,
    mi è piaciuta molto .
    Claudio Santamaria - maestro
    il "Dandi " in Romanzo criminale ottimo cantante anche ,
    Giorgio Colangeli - direttore del Gabelli ,
    i ragazzi del riformatorio in particolare : Felice e Ricotta
    il prodotto in sé ..
    mi hanno fatto trascorrere proprio
    una bella serata davanti alla tv
    e stasera seconda parte !

    Edited by «Tea» - 25/2/2014, 17:09
     
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    CITAZIONE (bice @ 25/2/2014, 09:25) 
    Ieri sera ho visto con grande piacere la prima puntata della fiction dedicata al maestro Manzi, grande mito della mia infanzia. L'ho trovata un prodotto molto ben confezionato, coerente con il messaggio che voleva veicolare e, soprattutto, molto coinvolgente dal punto di vista emotivo.
    Merito della sceneggiatura e degli interpreti. Santamaria ha prestato il suo viso e le sue capacità interpretative a questa grande figura di educatore e precursore dei metodi moderni d'insegnamento con grande convinzione e coinvolgimento. Mi è piaciuto moltissimo e non mi vergogno di ammettere che alla fine della puntata avevo i lacrimoni, sia per la situazione in sè, sia perchè ho rivissuto il piacere e le motivazioni che mi animavano quando entravo in una classe.
    Come dice una frase ormai stra-usata, "per insegnare bisogna sapere, ma per educare bisogna essere". Bisogna farsi guidare dall'amore per i ragazzi, dall'interesse autentico nei loro confronti, dall'istinto e dalla fantasia. Io non ho mai creduto ad una scuola dove fosse faticoso imparare; la scuola, soprattutto quella dell'obbligo, ma anche l'altra, non deve essere un luogo dove il ragazzo si annoia, immagazzina nozioni (che poi scorda immediatamente ) solo per dovere, deve essere il luogo dove impara a ragionare e dove la curiosità del sapere diventa il punto cardine.
    Lo sviluppo e l'utilizzo di questa metodologia sono impegnativi e faticosi per l'insegnante, ma permettono a tutti di raggiungere traguardi altissimi di crescita personale. Ancora oggi mi arrabbio quando sento giovani maestre che parlano di sacrificio, di dovere, di fatica del sapere: vuol dire che non hanno capito nulla, che hanno perso di vista la motivazione, ma soprattutto hanno perso di vista i loro ragazzi e questo, sono certa, per un insegnante è il fallimento peggiore...

    Vi posto due link che mi paiono interessanti sulla figura di questo grande educatore:

    www.wired.it/scienza/2014/02/24/una...o-ricorda-cosi/

    www.lettera43.it/blog/vita-da-preca...43675123140.htm

    Non ho visto ieri la fiction, cercherò di recuperare... intanto quoto le tue considerazioni su cosa significhi davvero insegnare.
    A volte la fatica si sente tutta, ci sono momenti di sconforto e di frustrazione, però basta pochissimo per ritrovare il senso in uno sguardo, in un sorriso, in una domanda che nasce da curiosità e interesse... ed è verissimo che si trasmette ciò che si è molto più di ciò che si sa.

    E a proposito di istruzione :rolleyes:

    Istruzione: merito e valutazione, le parole d’ordine di chi non vuole pensare

    di Andrea Bellelli

    Il neo-ministro dell’istruzione Stefania Giannini ha rilasciato al Messaggero un’intervista nella quale ha indicato quelle che, secondo Lei, dovrebbero essere le linee guida per la scuola italiana: merito e valutazione. Non poteva cominciare peggio, con frasi fatte non solo vuote e banali, ma anche sottilmente classiste, che squalificano chi le pronuncia e chi le apprezza.

    Voglio provare a parlare al ministro dei compiti e delle priorità del suo ministero. La scolarità dell’obbligo in Italia si estende per un decennio, dai sei ai sedici anni di età. Anche senza avere i dati precisi certamente disponibili al Ministro, all’interno di questa fascia di età non può trovarsi meno di un quinto della popolazione italiana: diciamo dieci milioni di ragazzi. Se aggiungiamo la Scuola dell’Infanzia, gli ultimi anni del Liceo e l’Università abbiamo verosimilmente una popolazione di quindici milioni di utenti del sistema istruzione. La Sua prima priorità, Signora ministro, è assicurare a questo enorme numero di utenti il fabbisogno di risorse: aule, docenti, biblioteche, laboratori, servizi. Esistono queste risorse? Hanno una qualità accettabile? Se Lei, Signora ministro, intendesse “valutare” per cercare le carenze e le situazioni di disagio allo scopo di porvi rimedio, investendo le necessarie risorse economiche, avrebbe fatto il primo passo per uscire dagli slogans ed entrare nella realtà dei suoi doveri.

    Supponiamo di farla questa valutazione, Signora ministro. Cosa si aspetta di trovare? Senza avere i suoi dati, le dico soltanto le cose più ovvie, che io tocco con mano tutti i giorni: le strutture che si trovano nei contesti sociali non disagiati funzionano meglio, hanno maggiori risorse, e i docenti che vi insegnano ottengono i risultati formativi migliori. Mi permetta di citarle un esmpio piccolissimo, tratto dalla mia esperienza personale: insegno la stessa materia in due corsi di Laurea in Infermieristica: uno al Policlinico Umberto I di Roma, l’altro in convenzione con l’ospedale di una cittadina del sud pontino. A Roma il corso è inserito nelle strutture della Sapienza: gli studenti, se vogliono, hanno accesso a biblioteche, musei, laboratori didattici e di ricerca, etc. Nella cittadina pontina hanno a malapena un’aula. In quale corso, secondo Lei, Signora ministro, io risulto docente migliore, con maggior “merito”? Eppure sono sempre io, in entrambi i corsi. Lei pensa, signora ministro, che sia possibile e sensato valutare i docenti a prescindere dalle risorse che gli vengono messe a disposizione, e dal contesto sociale nel quale operano?

    “Valutare” per migliorare il sistema significa investire sul demerito, cioè usare risorse per migliorare le situazioni peggiori, ed è antitetico a premiare il “merito”. Io so benissimo che per risultare “migliore” in tutte le valutazioni escogitate in passato dal Suo ministero con la complicità dell’Anvur, la Sua agenzia di valutazione, la prima cosa che mi converrebbe fare è lasciare l’insegnamento periferico: sapesse quanti miei colleghi fuggono o sono già fuggiti dalle situazioni didattiche disagiate!

    Non solo le sedi periferiche costano al docente tempo, fatica e denaro; ma sono anche quelle nelle quali si ottengono i risultati meno gratificanti e le valutazioni peggiori: ci sono più studenti che abbandonano gli studi e la preparazione di quelli che restano è meno valida di quella che si ottiene nelle sedi centrali. Pensi soltanto a cosa significa avere o non avere a disposizione una buona biblioteca!

    Perché, secondo Lei, ci sono ancora docenti che non cercano di fuggire dalle sedi didattiche svantaggiate? Non certo per la Sua “valutazione” ed il Suo “merito”, signora ministro: chi cerca valutazione e merito cerca anche le sedi migliori e contribuisce alla Sua visione elitistica del sistema istruzione. Questi docenti, Signora Ministro, accettano le sedi disagiate, perché loro laggiù sono lo Stato: offrono ai ragazzi l’alternativa tra imparare un mestiere qualificato e il sottoimpiego, la disoccupazione o addirittura la camorra. Ci aveva pensato Signora ministro?
     
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  8. patriziafi2
     
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    Anche io ho visto la prima parte......ma nn mi ha emozionato piu' di tanto..ammetto..S:Maria nn e' fra' i miei attori preferiti.....anche se in Rino Gaetano e' stato bravo.. comunque molto convicenti tutto il cast i ragazzi e il piccoletto simpaticissimo di braccialetti rossi.che seguo sempre con emozione.....stasera sto' riguardando l'ultima sertata di S:remo su rai premium....mi piace riascoltare le canzoni....niente politica.....ma nn posso nn dire al mio compaesano..........Forza Matteo!!siamo con te!!
     
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  9. lusy66
     
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    A me è piaciuta molto questa storia piena di passione e amore. Il maestro Manzi ne aveva tanto da dare agli altri e insieme a creatività,tenacia, intelligenza fanno una ricetta esplosiva. Non è facile da imitare ma l'importante è aver voglia di provarci!
    Per quanto riguarda l'interpretazione Satamaria mi sembra un po' freddo ma nell'insieme il film è riuscito ad emozionarmi!
    Siccome mi è venuta voglia di conoscere meglio la persona Manzi ho trovato quest'articolo che penso lo descrive molto bene:



    Una sua ex alunna (e collaboratrice di Wired) ricorda il maestro divenuto famoso per il programma tv “Non è mai troppo tardi”. A cui oggi la Rai dedica una fiction


    Elisa Manacorda
    Pubblicato febbraio 24, 2014
    Per tutti noi della classe V A della Scuola elementare Fratelli Bandiera, a Roma, Alberto Manzi non era l’uomo della tv, quello che le anziane del quartiere ancora riconoscevano e ogni tanto fermavano per la strada. Non era il maestro di “Non è mai troppo tardi”, la trasmissione Rai che aveva insegnato a leggere e a scrivere un milione di italiani (questa sera la prima parte della fiction su Rai Uno a lui dedicata). Non era nemmeno l’autore di “Orzowei”, il pluripremiato libro per ragazzi di cui a mala pena riconoscevamo la sigla dello sceneggiato in tv (quella dei mitici Oliver Onions).

    Alberto Manzi era semplicemente il Maestro. Soprattutto era il “nostro” maestro. Quello che ogni tanto scompariva dalla classe per qualche giorno – lasciandoci nelle mani di supplenti disperate – per presentarsi davanti alle varie Commissioni del Ministero della Pubblica Istruzione, richiamato all’ordine per aver infranto qualcuna delle regole scolastiche. I voti in pagella, per esempio: una sorta di marchio che si rifiutava di apporre su un bambino che sarebbe cambiato di lì a qualche mese, imparando, evolvendo, crescendo. Non era un uomo remissivo: lo sentivamo imprecare fuori della porta della classe, con la rabbia di chi sa di stare subendo un’ingiustizia. Eppure poi tornava da noi, dopo la sospensione, mai scoraggiato e mai domato nelle sue convinzioni . E così, insieme, si aspettava la sospensione successiva.

    Era l’uomo che, quando eravamo stati particolarmente buoni, srotolava davanti ai nostri occhi sgranati la gigantesca pelle di anaconda che conservava nell’armadietto dei tesori, insieme ad animali sotto spirito, ossa, pietre, testimonianze dei suoi viaggi misteriosi. Raccontava delle sue incursioni, più o meno clandestine, in Sud America, del suo amico – il missionario Don Giulio – con il quale condivideva altre ribellioni alle tirannie ma anche l’impegno per l’alfabetizzazione delle popolazioni locali. Racconti a metà tra la verità e la leggenda, di cui solo in età adulta abbiamo capito il valore. Allora erano solo le straordinarie avventure di un uomo straordinario.

    Era quello che ci insegnava a parlare senza paura di sbagliare. Che invece di darci le risposte preconfezionate ci chiedeva “tu che ne pensi”, ed era veramente interessato alle nostre opinioni sui grandi temi: la democrazia, la politica, l’immigrazione (ed erano gli anni Settanta). Era quello che ci guidava nel mondo, letteralmente: con il suo aiutante Rodolfo, grazie al quale aveva introdotto le basi dello scoutismo nella classe, abbiamo passato più tempo fuori dalle aule scolastiche che dentro. Gite e scorribande ovunque, per giocare, stare insieme e aprirsi alla vita, nel bene e nel male: sul bordo della caldera del Vesuvio, al teatro greco di Siracusa o nei campi di Dachau. Era quello che ci insegnava ad avere fiducia in noi stessi, a sviluppare la curiosità per i fatti del mondo, a conservare il rispetto per le cose e per le persone. Era davvero il nostro Maestro.

    Edited by lusy66 - 26/2/2014, 15:33
     
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  10. patriziafi2
     
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    Il maestro Manzi era veramente un grandissimo uomo,pieno di sentimenti.e di una passione unica x il suo lavoro......ce ne vorrebbero di insegnanti come lui specie in questo mondo con sempre meno valori.....grazie Lusy.....
     
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    Stordita
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    Ho visto anch'io la fiction e l'ho trovata ben fatta, una buona fiction rispetto a tanti prodotti scadenti che si vedono talvolta in tv, molto incentrata sui valori della famiglia e i buoni sentimenti ....mi ha emozionato soprattutto nella prima puntata....nella seconda ho provato un pò meno coinvolgimento, bravo Santamaria e mi è piaciuta anche Nicole Grimaudo nel ruolo di sua moglie....
    Ho apprezzato i vostri commenti, soprattutto quelli contenenti considerazioni riguardo il mestiere di insegnare, che mi sono molto piaciuti perchè è bello vedere l'entusiasmo per il proprio lavoro, soprattutto se questo riguarda l'insegnamento a dei bambini/ragazzini e in particolare quando vedo che ci si mette il cuore, perchè il mestiere dell'insegnante deve, a mio avviso, partire proprio da lì.... :)
     
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  12. mariachiara1
     
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    La seconda puntata ha confermato per quanto mi riguarda quello che avevo già espresso: ottimo lavoro. Finalmente una fiction ben fatta che è riuscita a coinvolgermi in pieno, fino a commuovermi.
    Un "bravo!" al regista Giacomo Campiotti (che avevo già apprezzato in altri lavori, vedi "Preferisco il paradiso" ), a tutti gli attori, a cominciare da Claudio Santamaria, perfettamente calato nel suo ruolo, a Nicole Grimaudo ed anche ai giovani interpreti di "ricotta" e del più piccolo, ed anche al direttore della fotografia Fabrizio Lucci, che ancora una volta si conferma un grande professionista.
    Una fiction che mi ha fatto, piacevolmente, scoprire il lato umano di Alberto Manzi, grande, rivoluzionario maestro che già conoscevo per la trasmissione rai condotta negli anni '60.
     
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  13. «Tea»
     
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    Una fiction .. questa che ha raccontato la storia
    del maestro Alberto Manzi ,
    che ha suscitato in me curiosità
    e ha catturato la mia attenzione ..
    differentemente da certe proposte molto poco interessanti ..
    Giacomo Campiotti per ora in onda anche con :
    Braccialetti Rossi la cui forza della fiction sono un gruppo di ragazzi in ospedale
    ha realizzato assieme ad altri un bel lavoro ..
    che ho visto con molto piacere ...
     
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  14. Marilina72
     
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    non conoscevo la figura di Manzi e ne sono rimasta piacevolmente colpita.. soprattutto dai trafiletti comparsi a chiusura della fiction
    Una persona che per portare avanti le sue idee d'insegnamento non ha avuto paura di finire davanti alla commissione disciplinare per non ricordo quante volte!!
    Un insegnante carismatico e amante della sua professione, come forse ora se ne trovano pochi.
    Santamaria, che di solito non mi colpisce molto, l'ho trovato invece molto bravo in questo ruolo.

    mi piace questa scelta della rai di portare nella fiction la vita di personaggi tanto cari al pubblico, raccontando insieme la quotidianità di quei tempi!!
     
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13 replies since 23/2/2014, 18:36   470 views
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