Tracce di Rivombrosa-Capitolo I

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  1. Cleliab.
     
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    Come promesso, eccovi postato il primo assaggio del capitolo primo della mia saga rivombrosina...

    Attendo curiosa commenti e acceto di buon grado critiche e opinioni!

    Torino, giugno 1769

    Therese continua a coprire il perimetro della stanza con il suo camminare simile a una trottola impazzita. A nulla valgono i miei tentativi di rassicurarla…
    -Vi riconosceranno Clelia, lo so…lo so…-.
    Sospiro per la millesima volta e scrutandola attraverso il riflesso del mio specchio, replico sempre con un sorriso…
    -Non succederà mia cara… Nessuno può provare chi sia realmente la duchessa Clelia Bussani di Montesanto…Ho tutto quello che si richiede ad una nobildonna e nessuno indagherà oltre…-.
    Lasciato lo sgabello della toletta, le faccio cenno di seguirmi. Questo pomeriggio la duchessa è attesa al Castello di Rivombrosa…

    Genova, dicembre 1758

    Sul finir del dodicesimo mese dell’anno, accadde qualcosa che non avrei mai giudicato possibile…Lavoravo come sguattera in una locanda del porto di Genova: loco di scambi, avventure, ladri, mercanti e nobili… Sono orfana, cresciuta tra un vicolo e un’osteria. Al “Rifugio del Marinaio”, ho conosciuto Luigia, mia contemporanea e che per tirare a campare ha dovuto far del suo corpo merce di scambio. Lei come me non ha nessuno al mondo, salvo un’incrollabile fede nel fatto che un giorno anche due come noi possano solcare soglie dorate di palazzi lussuosi. Quella notte stavamo riordinando le stanze del piano superiore dopo che la furia della lussuria si era abbattuta al passaggio di un’orda di mercanti ubriachi. D’un tratto, udimmo spalancarsi con gran fragore l’uscio d’ingresso e seguire una confusione ed un vociare inaudito: voci di uomini, che poi ebbi a riconoscere essere gendarmi, facevano domande a chiunque e rovistavano la locanda in ogni angolo, nonostante la reticenza del locandiere.
    Cercavano qualcuno….
    Gaspare, lo stalliere, prese di corsa le scale che portavano alle stanze e con un gesto lesto anche se non troppo delicato, lo attirai nella nostra stanza, zittendolo senza troppa premura. Ci spiegò che quei soldati cercavano una fanciulla, figlia del marchese che li accompagnava, rapita alla famiglia quando aveva pochi giorni in un terribile giorno di novembre di ben 12 anni prima. Mi misi in ascolto e capii che la duchessina doveva avere ad oggi la mia età, 12 anni circa. In questi lunghi anni i malcapitati genitori nulla avevano potuto per rivederla, serbando di lei il ricordo di una neonata. Mai erano state sospese le ricerche, e quella notte secondo un informatore del marchese, la piccola avrebbe dovuto trovarsi con i suoi rapitori in quella locanda. Era il momento di tentare la sorte perché quella bugia avrebbe radicalmente risollevato le mie sorti. Spiegai in poche parole alla rinfusa il mio piano a Luigia e poi fingendomi spaventata e timorata corsi giù per le scale, come se avessi il diavolo alle calcagna, gettandomi ai piedi del marchese, mio padre.
    Non fu difficile convincerlo che ero sua figlia poiché al momento del rapimento, la duchessina aveva appena qualche giorno di vita. Grande fu la gioia del marchese e altrettanta la soddisfazione dei gendarmi. Trascorsi quella notte in una carrozza, e chi mai l’aveva vista una carrozza?
    Da quella notte tutto mutò, radicalmente…
    Con gli anni, riuscii a riscattare anche Luigia che presi a mio servizio come dama di compagnia sotto il più nobile nome di Therese. Fui educata secondo l’abc degno di ogni nobildonna; finalmente potei sentire sulla pelle la morbida carezza di abiti di seta, bagni profumati, sali…
    Oggi, dopo 11 anni esatti, risiedo nel fastoso palazzo di Torino, assieme ai miei pseudo genitori ed alla mia immancabile amica.
    Ora io e Therese siamo finalmente al pari con la vita…




    Rivombrosa, giugno 1769

    Il selciato del cortile risuonava di passi, zoccoli e ruote di carrozze che sfilavano ordinate per riempire dei loro passeggeri i giardini del castello. All’ombra del grande gazebo bianco, brillavano i Ristori, una costellazione di nobili puri e fiore all’occhiello della nobiltà piemontese. La contessa madre Agnese, caposaldo della famiglia; sua figlia Anna, ritratto della nobile severità umana, con suo marito e la piccola Emilia che fiera affiancava lo zio, il conte Fabrizio Federico Giovanni Clemente Ristori, ufficiale in vista dell’esercito francese. Questo gran trambusto di argenterie e porcellane è un tributo al suo ritorno, dopo circa dieci anni di assenza. Discesa dalla carrozza con l’immancabile Therese, mi immergo secondo etichetta nella giostra di saluti e omaggi. I padroni di casa sono subissati da complimenti e ossequi: decido di non avvicinarmi, almeno per ora… La mia dama di compagnia osserva curiosa qui e là come una bambina ma con il pensiero già ad altro, la riporto alla realtà;
    -Ho udito che i Ristori hanno una biblioteca..fenomenale!-ora sono io emozionata come una bimbetta, mentre la trascino verso l’interno.
    -Non sta bene, Clelia…il ricevimento non prevede…-.
    -Oh non essere rigida Therese! Voglio solo dare un’occhiata!-e dissimulando una certa tensione, a grandi passi, giungiamo nei pressi della sala. Le faccio cenno di fermarsi lì nei pressi, e di avvisarmi se qualcuno dovesse avvicinarsi. Con la sua solita espressione mai troppo convinta, Therese mi guarda proseguire verso la biblioteca.
    E’ una culla di sapere illuminata da luce bianca e brillante che filtra a dispetto dei preziosi tendaggi. Proseguo a passi piccoli, disorientata da tale magnificenza..Lascio scorrere le dita lungo il legno intarsiato degli scaffali:titoli, volumi, un’immensità…
    Faccio per scostare un’anta, ma un rumore, alle spalle, improvviso, mi richiama all’erta.
    Mi volto.
    Un uomo sta fermo nella cornice della porta, fissandomi. A causa della zona di penombra non riesco a scorgerne il volto.
    -Signora…-risuona la sua voce profonda nella sala deserta.
    La mia lingua è marmorea e incapace di articolare suoni.
    -Perdonatemi signora, non era mio fine, volervi spaventare…-, assume un tono quasi piacevole, ora che scorgo un leggero sorriso brillare all’unisono in quegli occhi color del cielo.
    Adesso non ho dubbi, data l’uniforme che indossa con una fierezza marziale.
    -Sono il conte Fabrizio Ristori, per servirvi…-,tende la mano con fare deciso per cogliere la mia destra con l’omaggio imposto dall’etichetta, ed io che non ho più il controllo dei miei stessi arti, lascio che lui faccia, concentrandomi sul cosa replicare.
    -Sono la duchessa Clelia Giulia Alessandra Bussani di Montesanto…-rispondo, non vedendo altro che i suoi occhi, non udendo altro che la sua voce, non sentendo altro che la sua mano che sfiora la mia…













    Attimi di silenzio, eterni, ma piacevolmente belli… Passi pesanti, goffi interrompono l’idillio e uno dei servi del conte, fa il suo ingresso nella biblioteca, richiamando la sua attenzione verso gli ospiti che lo attendono in giardino.

    -Vogliate…-, non fa in tempo a terminare verbo, che io spinta come da una molla invisibile, già faccio qualche passo verso l’uscio.
    -No no…io, è meglio che torni in giardino..la mia dama di compagnia mi starà cercando!-chiudo, pregando che quell’ultimo istante duri per l’eternità, perché io possa serbare il ricordo del suo volto per tutto il tempo che non mi sarà possibile scorgerlo.
     
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    Bellissimo, cara..un'altra avventura del nostro conte!
     
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