Il commissario Montalbano 2013

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  1. *dani
     
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    Nessuno sta seguendo la nuova serie con il classico Montalbano, alias Luca Zingaretti?
    Io sto registrando le puntate e le guardo quando ho un attimo di tempo; per ora ho visto le prime due e... sbaglio o il nostro ha perso un po' di smalto? :unsure:
    Non so se è stata colpa della nuova fiction del giovane Montalbano, che ha portato una ventata di freschezza, o se la responsabilità è di Camilleri (non tutti gli ultimi romanzi sono all'altezza dei precedenti), fatto sta che gli anni della serie qui si sentono tutti: il commissario appare un po' fuori fuoco, così come i personaggi di contorno, e la regia stessa sembra appannata... voi che ne dite?
    Lascio qui alcune recensioni, in cui in effetti ho ritrovato, tra le righe o in modo esplicito, la mia stessa opinione http://realityshow.blogosfere.it/2013/05/i...lizzazione.html

    Il Commissario Montalbano, rassegna stampa: la fiction ha successo ma si rischia la banalizzazione
    Sabato 4 Maggio 2013 in Fiction, Personaggi, Rumors

    di Fabio Traversa

    Aldo Grasso sul Corriere della Sera: "Montalbano è stanco? Il rischio più grosso è il manierismo: quando l'azione corre, i difetti non si vedono, ma quando l'azione latita le telefonate di Catarella e l'ottusità programmata del questore pesano come macigni. Montalbano ha successo perché è l'unico personaggio della fiction italiana che ha un carattere ben definito (come succede nella serialità americana), rappresenta un piccolo sistema valoriale (almeno nella finzione succede che i malviventi finiscano dentro e la giustizia trionfi). Montalbano è Luca Zingaretti, un raro esempio di connubio perfetto. Come ho già avuto modo di ribadire, quando il commissario ripete ossessivamente «Montalbano sono» non rafforza una formula di presentazione (tipo «Madame Bovary c'est moi») ma un marchio editoriale. Ecco perché il suo metodo d'indagine è abitato da visioni e assomiglia molto a una sorta di evangelizzazione. Montalbano non conversa, converte. Moltiplica pani e share".

    Antonio Dipollina su Repubblica: "Ormai è sufficiente un minimo di cura: già i libri di partenza sono ultra-seriali, puntano sui personaggi e la loro evoluzione, in sceneggiatura e regia si aggiungono sfizi che pescano in alto e in basso. Montalbano eroe fisso di una favola - con risvolti truci, ovvio - che non ha certo lo slancio degli inizi ma a cui si va ormai come a un rito".

    Alessandra Comazzi su La Stampa: "Montalbano ha ancora aumentato il successo. Che è trasversale: evidentemente il pubblico ama ritrovare i vecchi amici con i loro tic. Ma il prodotto delude molti, gli spettatori protetano".

    Maurizio Caverzan su Il Giornale: "Sarà l'esaurimento del filone siculo-poliziesco - ci si augura ovviamente di no - sarà un rigurgito di gioventù o il desiderio di recuperare le occasioni perdute, fatto sta che al commissario la testa comincia a girare più spesso di un tempo. Camilleri sostiene che, in un momento in cui il rendimento del maschio è troppo monitorato e psicanalizzato, il suo è solo un invito a vivere il sesso in maniera spensierata. Niente di più. Tuttavia il Montalbano latin lover sembra irradiare meno carisma del commissario solitario che lo avvicinava agli integerrimi Maigret e Sheridan, storiche produzioni dell'autore di Porto Empedocle. Il rischio di banalizzare il personaggio per portarsi a casa il boom d'ascolti è dietro l'angolo".

    Mirella Poggialini su Avvenire: "Quello che spinge lo spettatore a non 'scanalare', anche se ha scorto notizie tragiche su altre reti: cioè l'affezione per il personaggio, che ha conquistato dal 1999 un pubblico trasversale. E poi la rassicurante continuità della situazione e dei personaggi, fedeltà a uomini e cose, abitudini e luoghi che sono, per ognuno, elementi della sicurezza del vivere. Il che crea la familiarità in cui ci si avvoltola come in una confortevole coperta: 'si sa' con chi si ha a che fare, non ci sono tradimenti. E infine c'è l'apprezzamento, che fa sentire allo spettatore di aver guadagnato e non perso il suo tempo. Ma ci sono altri dati, a confortare e garantire il successo: la qualità della realizzazione, dalla regia di Alberto Sironi, padrino solerte, ai luoghi di rassicurante fascino; la personalità imponente e anche scabrosa (non è sempre un difetto) del protagonista. E su tutto domina, con mussoliniane nuotate a bracciate vigorose nel mar di Vigata, lo Zingaretti italico, scorbutico e catturante, non tanto sicuro di sé ma di quanto fanno con lui i collaboratori, secondo un lodevole gioco di squadra, e c'è appunto il collaudato team dei caratteristi, ognuno protagonista a modo suo, con varie intonazioni di stile. E c'è, insomma, un'Italia sommessa ma forte di carattere, con le sue tradizioni, case, cibi e modi che del piccolo mondo provincale fanno ritratto: «e il ritrovarsi è dolce» in ciò che siamo"
     
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